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Autore: Carmen
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Date: 05/10/2006
Time: 07.22
Come ogni cubano, sono nata e cresciuta ascoltando una serie di “verità” sul sistema. Non solo quelle che ripeteva sino all’esaurimento il dittatore ed ogni mezzo di diffusione, ma anche (soprattutto) quelle ripetute dalla gente, dal popolo, certamente dipendenti dalle prime, ma anche avvolte in un aura di “spontaneità”, di “autenticità popolare”. Fra le molteplici frasi che si ripetono convulsamente da quando ho uso di ragione, vi sono cose del tipo:
“Si, ci sono problemi, ma che ne sarà di noi senza Fidel?”;
“Io non parlo male del sistema con uno straniero, non vedi che lui se ne va ma io rimango qui?”,
oppure
“Non voglio nemmeno pensare a che Fidel muoia, perché dopo di lui verrà il fratello, che è più criminale e sanguinario.”
La ricorrenza di queste ed altre frasi non solo sono ormai più che la normalità, la realtà, per i cubani, ma si sentono in bocca di molti stranieri assidui visitatori dell’isola (la cosa è perfettamente naturale, anch’io ripeto detti italiani… la differenza è che in Italia ogni persona è un mondo ed ognuno pensa a modo suo, a Cuba vi è un solo modo di pensare), causandomi sempre un moto di sorpresa. Ma in questi ultimi giorni non ho potuto fare a meno di riflettere tanto sull’ultima che ho menzionato: “Non voglio nemmeno pensare a che Fidel muoia, perché dopo di lui verrà il fratello, che è più criminale e sanguinario.”
Raùl Castro non è mai stato santo del nostro altare. Non piace. Non ha il carisma del fratello, tanto per iniziare. Non è un grande oratore (Castro lo era prima che la vecchiaia arrivasse), da giovane mancava anche il fascino estetico di Fidel. Ma è anche il capo dell’esercito, tutti sappiamo che è uomo di mano dura. E’ stata sua l’idea delle UMAP, i campi da lavoro forzato dove venivano rinchiusi omosessuali, dissidenti, disoccupati, religiosi e delinquenti, tutti assieme. Durante la crisi missilistica nel ’62, fu suo l’ordine, durato per fortuna per poche ore e non messo in pratica, di sparare a vista agli aerei USA se si facevano vedere.
Personalmente, la sua pressa di potere mi ha fatto svegliare tutti i timori ancestrali verso questa figura. Le sue dichiarazioni non lasciano intravedere molte volontà di cambiamenti, la risposta alla richiesta di USA, in pieno passaggio di poteri, di incominciare un periodo di transizione (ancora una volta gli USA perdono buone opportunità per stare zitti) è stato un NO secco e “fidelesco”. Non ci saranno transizioni, non ci sarà apertura dell’economia, non ci sarà liberalizzazione del mercato.
Diverse sostituzioni nella nomenclatura dopo, non è affatto chiaro verso che parte tende Raùl. Ma, con tutte le mie riserve verso il personaggio, non posso non notare piccolissimi dettagli, veramente infimi, ma che mi fanno riflettere.
-In un discorso ai lavoratori, interamente avvolto nella logorrea castrista e giurando fedeltà a Fidel Castro, Raùl ha invitato i lavoratori a dare il meglio di sé, ed aspettare con pazienza le opportunità che piano piano si andranno aprendo.
-E’ senza precedenti la critica pubblicata da Juventud Rebelde riferita al furto e la corruzione nei luoghi di ristorazione. Laddove siamo abituati a, semmai, delle critiche leggere e tendenti a far passare i problemi come vicende isolati, questa inchiesta affronta apertamente il problema della corruzione quotidiana, generalizzata e quasi “normale”.
-Raùl Castro, dopo aver sostituito al responsabile della Central de Trabajadores de Cuba (CTC), (una persona che avrà un livello di scolarità pari a 6° grado) ha invitato ai leader ad “ascoltare i problemi reali dei lavoratori anche se ciò che ci diranno non ci piacerà”, e per chiunque sappia come funziona una riunione di lavoratori a Cuba, dove a NESSUNO verrebbe in mente di alzarsi e dire che vogliono un aumento di stipendio, sa che questo non è poco.
-Per la prima volta in 40 anni il giornale Juventud Rebelde ha pubblicato il risultato delle Grandi Lighe di baseball USA, con grande gioia dei tifosi cubani.
-Cominciano ad apparire vignette pungenti nei giornali: ad esempio, è apparsa una criticando il prezzo così elevato delle verdure: due operai, nella mensa, commentano di un terzo, che si appresta a mangiare un aguacate, portato da casa: “Guarda questo come ostenta qui al lavoro”. Un aguacate (avocado), costa attorno ai 10-15 pesos a La Habana.
Forse è tutto molto debole, e forse sono solo coincidenze, ma ricordiamo che F. Castro è ancora vivo, e che la forza della sua aura “divina” è bella attiva. C’è ancora chi pensa che Castro fa qualcosa perché “le duele”, come si parlerebbe nei confronti di un parente e non di un politico. Quanti di voi penserebbero che una qualsiasi decisione di Prodi o Berlusconi, positiva o negativa, è stata pressa perché “le duele”? Soprattutto, chissenefrega, da un punto di vista del cittadino, dei sentimenti di Prodi o Berlusconi?
La Perestroika, dopotutto, non è stata pensata, almeno dichiaratamente, per abbandonare il comunismo, bensì per “modernizzarlo”. Ma ha fatto da ponte.