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Re: Ancora sulla dissidenza (x carmen)

Autore: Gorito
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Date: 26/09/2006
Time: 19.31

Commenti

Noi europei abbiamo la facoltà, per via della pluralità dell'informazione che ci inonda, di poter valutare ogni situazione che avviene in casa altrui (in questo caso a Cuba) partendo da svariati punti di vista, cogliendo sfumature e traendo conclusioni in base alle nostre credenze ideologiche o esperienze dirette. Ci facciamo una opinione personale sulle cose, e ce ne convinciamo, giusto o sbagliato che sia. Non crediamo più nelle ideologie perché nel mondo ne è rimasta in piedi soltanto una sola (la nostra). Non ci fidiamo tanto facilmente dei discorsi dei politici, anzi, invece di sostenerli li insultiamo volentieri dopo averli mandati al potere. Quando vediamo un problema di fronte a noi, ognuno di noi evoca un proprio metodo per risolverlo: sparare nel mucchio o mediare e accettare compromessi. Ad ognuno il suo, usando i toni che ritiene più consoni al proprio discorso. Siamo abituati così, ognuno a difendere la propria ragione, sempre nel nome della "libertà", della "pluralità" e del "progresso". Ci sarebbe molto da discutere su questi termini, anche senza andare a Cuba, ma sarebbe, temo, un argomento "off topics". E' logico comunque che questo nostro modo di fare, prendendo posizione, lo applichiamo anche quando trattiamo un problema "estero" nel quale non abbiamo voce in capitolo. Ma questo è un nostro difetto, scusaci Carmen, siamo dei gran chiacchieroni.

A Cuba invece la partita mi sembra un po' diversa. Se chiediamo a un cubano di dire cosa significa per lui la parola "libertà", con buone probabilità risponderà qualcosa del tipo "vivere in pace nel proprio paese senza l'ingerenza di altre nazioni", oppure "vivere tutti uguali senza razzismo", o ancora "essere al riparo dalla fame e la malattia". Non credo che l'uomo della strada direbbe che la libertà possa consistere nel votare Tizio piuttosto che Caio, poiché la democrazia per lui permane una idea vagamente astratta, inedita nella sua storia, e con connotati talvolta negativi perché identificata dal regime come ideologia del "nemico".

Con queste premesse non credo quindi che un europeo possa riuscire ad entrare facilmente nella testa di un cubano. (neanche vice versa, per dire il vero). Sarebbe forse pretendere troppo. Andiamo facilmente d'accordo a livello emozionale, epidermico, ma su certi terreni più "filosofici" non ci troviamo proprio sulla stessa lunghezza d'onda. Noi siamo pervasi da un individualismo sfrenato, i cubani hanno invece un senso d'identità collettiva che li lega fortemente tra loro ed eventualmente "contro" gli altri. Hanno un concetto di "amor di Patria" che noi scambiamo quasi per fanatismo. Non capiamo perché non si ribellano ad una situazione che per noi avrebbe dell'insopportabile, invece per loro normale. Io non ho mai preteso di capire fino in fondo i vari aspetti della mentalità cubana, anche se mi ci trovo quotidianamente confrontato dentro le mura domestiche (devo dire che a distanza di anni non ci riesco ancora). C'è una contraddizione e una incoerenza di fondo che mi porta spesso ad una "impasse". Ho comunque notato che, al di là di certe apparenze, il cubano ha generalmente paura del cambiamento vero, non vi è abituato e ciò in fondo fa di lui ... un conservatore. Ha la consapevolezza di stare abbastanza male nel suo paese, ma puntando il dito sugli aspetti economici piuttosto che su quelli politici che non considera quasi mai. Se oggi ammette di stare male si ricorda comunque di essere stato anche peggio alcuni anni addietro nel "periodo especial", e teme soprattutto di poter stare più male ancora nel futuro, con lo spettro di una ipotetica invasione, di una guerra civile, o di fare la fine di Haiti. La parola "dittatura", infine, la associa principalmente ai regimi di Battista e di Machado. Fidel resta una icona sacra, incredibilmente intoccabile.

Andando a Cuba per fare le vacanze e divertirci consiste comunque SEMPRE a sostenere il sistema, almeno economicamente. Bisogna essere consapevoli che tutti i soldi spesi a Cuba, in qualsiasi maniera e in qualsiasi luogo, finiscono prima o poi nell'imbuto dello stato. Andare a Cuba a parlare della democrazia e di Martin Luther King credo abbia meno effetto sulla gente comune che fargli vedere le vostre magliette di Dolce & Gabbana o fargli respirare il vostro profumo di J.P. Gaultier. Questi sono forse simboli più accessibili per diffondere i nostri "valori". Non credo che la maggioranza dei cubani voglia attualmente molto di più.

Ultimo aggiornamento: 16-11-06