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Re: domande sulla dissidenza

Autore: Carmen
Email: Oloddumare - Olorun - Olofi
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Date: 11/09/2006
Time: 12.58

Commenti

Caro Joe Gorito,

i tuoi quesiti sono come al solito molto intelligenti. Provo a risponderti:

Per quanto riguarda il discorso “festeggiamenti a Miami” sono pienamente d’accordo sulla negatività che tale immagini ha comportato per la comunità cubana miamense. Per capirci, sono anticastrista, e sono perfettamente consapevole che la sua partita sarà quasi certamente dovuta alla dipartita. Ma festeggiamenti di questo genere mi fanno un brutto effetto. AL tempo stesso, c’è da considerare l’effetto “comunità”. Non stiamo parlando dei cubani sparsi per l’Europa, bensì di una comunità fortissima e concentrata, ed a un certo punto scatta l’effetto gruppo, l’esultanza si propaga come dinamite. Ma più che con la gente, diciamo, con la dimensione “popolare” della vicenda, io ce l’ho con coloro che hanno il potere politico a Miami, perché hanno servito su un vasoio ciò che il regime cercava. Appena è stato annunciato il trapasso, si sono scatenati con i programmi più assurdi. Quel ben pensante di Bush da parte sua, come era di aspettarsi, ha perso un bel po’ di opportunità di starsene zitto. Il risultato è stato che il regime a riciclato tutta la pantomima, l’ha venduta al popolo cubano, che impaurito nel sentire le idee che abbondano dall’altra parte della sponda, l’unica cosa che hanno dimostrato di NON volere, è la prospettiva di concedere il potere all’esilio. Dopodichè lo stesso governo USA ha ben pensato di fare retromarcia, e dichiarare che il cambiamento doveva venire dall’interno, e che l’esilio se ne doveva stare calmo. Ma scommetto che a questo non gli si è dato molta pubblicità a Cuba. Castro non deve sforzarsi molto nell’inventarsi storie per spaventare i suoi schiavi cubani, Miami gli serve i pretesti in un piatto d’argento.

Qualcuno scrisse che i cubani a Miami non festeggiavano la morte di Castro, bensì la POSSIBILITA’ che ciò accadesse. Da un certo punto di vista ha ragione. Il discorso del castrismo ha un forte elemento di religiosità. Non si tratta soltanto di una dittatura che s’impone con la forza e la repressione. Anzitutto si tratta di qualcuno che è arrivato al potere, se non attraverso elezioni, comunque contando con l’appoggio della stragrande maggioranza del paese. Una volta nel potere, cambiò le carte in tavola da semplice rivoluzione a comunismo, ma la cosa fu talmente graduale ed intelligente, e soprattutto la sua figura così piena di carisma, che molta gente gli venne dietro. Io non credo che i seguitori di Castro siano in gran parte comunisti. Sono solo fidelisti. Se alla caduta del muro di Berlino, Castro avesse deciso di cambiare le carte in tavola, coloro che a Cuba oggi sostengono la sua politica l’avrebbero seguito lo stesso. Egli è un leader populista. In 50 anni ha lavorato sodo per creare di sé una immagine che ha molto del religioso.

Dall’iconografia creata con la propaganda visiva (cartelloni, spot, sue foto dappertutto), alla costruzione della sua figura come essere quasi mitologico: tutti lo chiamano FIDEL, non Castro, come chiameresti ad un amico caro, ma pochi presidenti hanno una vita così lontana dal suo popolo come lui: nessuno sa dove abita, pochi sanno quanti figli ha avuto, non ha una compagna che funga da prima dama, ecc. ecc. Come Dio, esattamente uguale. Perché se è vero che tu ti rivolgi a Dio e gli racconti i tuoi problemi attraverso la preghiera, è altrettanto vero che non potresti dire molto altro riguardo la sua persona. Ma anche per quanto riguarda il criticarlo: la paura di parlare male di Castro non è motivata dalla consapevolezza di cosa ti accadrà (certo, lo sai che potresti essere chiamato dal CDR, o dalla polizia), ma la paura è qualcosa di molto più ampio, diventa qualcosa di simile alla bestemmia: tutti sappiamo che bestemmiare attira il castigo divino, ma non sappiamo sotto quale forma. E la prova di ciò è che la gente se ne va da Cuba e continua a temere di parlarne. E molti cubani, benché dichiaratamente “non-comunisti”, s’incazzano da matti se lo critichi. Alcuni hanno gesti che ricordano davvero la paura davanti alla BESTEMMIA. Persino, e questo è davvero buffo, mi è capitato di conoscere stranieri (specialmente italiani), che dopo lungo frequentare dell’isola, hanno assunto questo atteggiamento.

Qui arriviamo alla morte. Frengo parlava di come sua moglie, pur non essendo castrista, si è sentita dispiaciuta. La prima cosa è che Castro è qualcuno CHE E’ SEMPRE STATO Lì. Siamo nati tutti con lui, ed a eccezioni di pochi, siamo tutti cresciuti sotto la sua dottrina. Da bambina l’adoravo. Da donna mi fa vomitare.

Tuttavia, di dolore non ne ho sentito. Ho sentito una sensazione strana, che credo sia comune a molti: la consapevolezza che sta per essere eliminato qualcosa che c’è sempre stato. Ogni cosa, buona o cattiva, lascia un vuoto quando s’interrompe. Per me le sensazioni si sono fermate qua. Forse vi è anche l’amarezza di sapere che affinché i miei sogni di libertà possano avverarsi qualcuno dovrà morire. E’ una equazione senza soluzione, che non mi rende felice. E, naturalmente, la paura e l’apprensione per il corso degli avvenimenti, per il momento del cambiamento, grazie soprattutto alle dichiarazioni che giungevano da Miami.

Per quanto riguarda il discorso dissidenza, chiedevi qual’era la loro pressa fra i cubani. La mia risposta è: poca. Come potrebbe essere altrimenti? Non dispongono di mezzi per parlare ai cubani, vengono continuamente calunniati senza che possano replicare, i processi ai dissidenti vengono trasmessi dalla TV, per conferire al tutto un aria di legalità. Ma soprattutto, c’è Castro. C’è l’idolo dalla barba. Ecco la maggior differenza con la URSS. Non stiamo parlando di un paese che, dopo essere stato governato da diversi presidenti, è arrivato alla Perestroika, ed ha sentato le basi per un cambiamento.

A Cuba siamo ancora con l’idolo originale, la divinità di pietra che è in piedi da 50 anni. E’ fondamentalismo religioso puro, non è politica. Tra l’altro, i dissidenti, non appena è scoppiata la situazione, sono stati messi sotto stretta vigilanza, non a caso esistono gruppi paramilitari come le Brigadas de Respuesta Ràpida.

E per finire, mi chiedevi se c’è speranza ancora. La mia risposta è “ora più che mai”. La mia opinione è che la dittatura cubana è strettamente legata alla figura di Castro, per quanto riguarda il discorso “consenso”. Alla sua uscita definitiva di scena potrebbe verificarsi un susseguirsi della dittatura, ma entreremmo, secondo me, in una fase diversa, pura forza e poco fascino.

Io confido che questa esperienza ci abbia fatto tutti riflettere: ai castristi, che Castro non è eterno, non è una Divinità, e che quindi è ora di cominciare a pensare cosa si vuole per il dopo: Raùl, o qualcos’altro? Alla gente di Miami, che dopo lo sfogo trattenuto per anni e anni, inizino a capire che l’obiettivo numero uno è quello di allacciare simpatie con chi sta dentro, offrendo certe garanzie per la transizione, e sottolineando che, benché ognuno di noi aspiri a tornare, e chi sta dentro che va tutelato.

Un saluto.

Ultimo aggiornamento: 16-11-06