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Re: IL SOGNO DI CUBA.....(contributo)

Autore: Frengo
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Date: 24/05/2006
Time: 07.14

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C’è una breve novella di Pirandello in cui si parla di un ragioniere alla Fracchia tutto dedito, da una vita, al lavoro. Lavora pure a casa accudendo la madre e la zia anziane. Finchè un giorno rimane a casa per l’influenza e aperte le persiane vede, sulla ferrovia che si trovava vicino alla casa, un treno fermo e dai finestrini tanti esseri umani che ridevano tra di loro. Lui con la sua faccia seriosa come sempre li guardò ma invece di cancellare subito questa pericolosa fotografia ci si soffermò su. La sera stessa fece la valigia e se ne andò via per cambiare una vita che vita non era ma solo il trascorrere del tempo.

Io ho vissuto un’esperienza di questo genere. Avevo 58 anni, tre imprese, due figli grandi, una moglie e un rapporto coniugale altalenante. Per più di venti anni ho lavorato con un mulo per gli altri avendo come ritorno naturalmente e giustamente solamente mugugni e rimproveri. Finchè …. finchè un giorno due amici mi proposero di fare un viaggio in Brasile per “divertirci un po’”. Gli risposi che sarei andato volentieri ma che io quelle cose non le facevo e mi armai di libri di storia sul Brasile. Arrivati a Rio cenammo in albergo e poi uscimmo in strada. Due ragazze, una bianca e l’altra mulatta, ci fecero segno dall’altro lato della strada di volere conoscerci. Siccome i due amici non avevano il coraggio, le dissi io di avvicinarsi con lo scopo di favorire il primo approccio con i miei amici. Ma a loro non piacevano e allora io sentii dire dalla mia bocca alla ragazza bianca: “ vabbè dai vieni su con me a bere qualcosa”. Arrivati in camera cominciai a mostrarle i libri sulla storia del Brasile e a chiederle cosa sapesse sul barocco brasiliano a Oro Prieto. Naturalmente lei non ne sapeva assolutamente niente e allora io e la mia ipocrisia ci accoppiammo carnalmente con lei. Lei era una che lo faceva non per professione ma al bisogno. Ora io non so se il bisogno ce lo avesse spesso, so che alla mia partenza pianse e da allora tutti gli anni dopo mi ha mandato una lettera di auguri per il mio compleanno. Passai una settimana meravigliosa, a parte il sesso che era penoso, perché in Brasile incontrai degli esseri umani veri e per una settimana ritrovai il senso della vita e il mio io scoppiettava da tutte le parti. Poi l’ultima sera successe l’imprevedibile. Andando di notte nel centro di Rio mi imbattei in chilometri di gente che dormiva nei cartoni. Questa cosa mi entrò nel sangue e niente fu più come prima. Tornato nella nebbia padana non passò molto tempo perché arrivassi alla decisione di fare la valigia e andarmene.

La sostanza quale è. La ragione delle nostre migrazioni caraibiche sta nelle frustrazioni che viviamo qua, sta nella incapacità di ricercare la “felicità” nella nostra vita di tutti i giorni qui. Sta nella incapacità di “donarsi” a un’altra persona senza condizioni, ma sta anche nella difficoltà di vivere in una società che ci marginalizza e ci isola assegnandoci il solo ruolo di pagare il mutuo della casa.

Ultimo aggiornamento: 16-11-06