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Natale a Cuba - Racconto

Autore: Maggy
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Date: 22/11/2002
Time: 10.36

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Ho trovato questo racconto e vi consiglio di leggervelo, almeno a me è piaciuto molto.

---------------------------------- Natale a Cuba - di Gordiano Lupi

Janet ripensava a quel film americano che aveva visto la sera prima in televisione. Strade colorate di bianco e i bambini carichi di regali. Negozi affollati ed auto di grossa cilindrata. Genitori indaffarati tra pacchi di regali e provviste per la casa. Alberi stranissimi addobbati di luci e colori, che si accendevano e si spegnevano, decorando piazze e strade. In alto, da un palazzo all'altro, ghirlande fiorite e luci intermittenti completavano il panorama surreale. Era un film. Solamente un film. Strani personaggi vestiti di rosso, muniti di una buffissima papalina ed una vistosa barba bianca, si aggiravano per le vie consegnando pacchetti ai bambini della sua età. Si muovevano con dei carri trainati da animali mai visti, dotati di lunghe e nodose corna. Portavano con loro scatoloni colorati avvolti di nastro e fiocchi, che ingombravano completamente i loro stranissimi mezzi di locomozione. A Janet il film era piaciuto moltissimo, non tanto per la storia, quanto per l'atmosfera che descriveva e per le emozioni che trasmetteva. Narrava di famiglie senza problemi che potevano permettersi carne ogni giorno ed in grande quantità. Descriveva bambini allegri, pieni di giocattoli elettronici e libri coloratissimi da sfogliare e disegnare. Parlava di coppie felici che si muovevano per le strade di una città coperta di neve (così avevano chiamato quella stranissima roba biancastra che a lei ricordava il cotone). E poi regali e musica, famiglie riunite ad una tavola colorata di rosso, chiese affollate e canzoni dolcissime. Tutto questo l'aveva distolta per un attimo dalla sua solita vita. Intendiamoci, non che la sua realtà quotidiana le dispiacesse. Affatto! Non avrebbe cambiato per nulla al mondo la libertà di correre a perdifiato tra palme e banani, rincorrendosi con gli altri bambini del villaggio. Non avrebbe mai voluto rinunciare a pomeriggi lunghissimi sulla spiaggia e neppure ai giochi sul piazzale, quando si schizzavano con l'acqua della cannella comune. Le sue bambole di pezza, che il padre costruiva con pazienza, non le sembravano poca cosa. Ci giocava da anni ed ancora resistevano. Le chiamava per nome ed erano le sue compagne insostituibili quando si trovava da sola. Le facevano compagnia la notte, quando doveva andare a coricarsi ed aveva un poco di paura del buio di quella casa di campagna. Janet viveva a Cavana, nella zona occidentale de L'Avana, con due sorelle più grandi ed i genitori. Avevano un piccolo campo che dava loro da vivere. Frutta, verdura, qualche animale da cortile. In certi periodi dell'anno trovavano persino un maiale da ingrassare. Come le piaceva quando veniva il tempo di ammazzarlo e in allegria dividevano le parti prelibate dagli scarti! Guardava suo padre intento nel lavoro e si procurava di aiutarlo e non le facevano paura né il sangue, né le grida dell'animale. Era un rito, che riuniva tutta la famiglia. Questo era il periodo che preludeva al grande evento. Janet riconosceva il Natale da suo padre che affilava i coltelli. L'animale doveva soffrire il meno possibile e la lama sarebbe penetrata a fondo, spaccandogli il cuore. La cena di fine anno prevedeva da sempre una fetta di maiale a testa e anche questa volta non avrebbe fatto eccezione. Nonostante le restrizioni. Nonostante il "periodo speciale" proclamato da Fidel. Il Natale non era una festa così importante, perché le date che contavano erano altre. Il trentuno dicembre, ad esempio, ma ancor più il giorno successivo, che ricordava il "Trionfo della Rivoluzione". Così le avevano detto al Circolo Infantile e così le diceva sua madre quando le raccontava storie prima di coricarsi. Il suo mondo di bambina era questo. Colori decisi, che andavano dal verde dei campi al rosso dei fiori, per passare all'azzurro intenso del cielo, scolpito da arcobaleni luminosi dopo piogge furenti. Cicloni che si abbattevano d'improvviso e portavano via tetti e speranze. Corse nella polvere e giochi inventati con la fantasia dei ragazzini. Nascondino, una palla di stracci, bambole di stoffa e cenci. E quel film aveva sconvolto tutte queste certezze. Janet per un istante aveva assaporato l'irrealtà di quel mondo di luci e si era immersa in un sogno. Babbo Natale era il nome di quel personaggio vestito di rosso. Era un vecchio dalla barba bianca, che portava doni ai bambini, cavalcando una slitta trainata da veloci animali a quattro zampe. Si chiamavano renne ed assomigliavano un poco ai cavalli che aveva visto per le campagne di Vignale e Pinar del Rio. Passava per il camino di notte, entrava non visto nelle case e depositava pacchi regalo sotto un luccicante albero di Natale. Janet si avvicinò a sua madre in cucina, come sempre intenta a separare i fagioli buoni da quelli avariati per il consueto piatto di riso del mezzogiorno. Era il loro pranzo della vigilia, di quel ventiquattro dicembre così uguale a tutti gli altri giorni della loro vita. Riso e fagioli non per tradizione o convinzione religiosa, ma per necessità. La carne ci sarebbe stata per la festa di fine anno. Era abbastanza. "Mamma - le domandò preoccupata - ma noi abbiamo un camino?" "E per che farne figliola mia?", rispose la madre. "Per far entrare Babbo Natale con i regali." La mamma guardò la bambina con dolcezza. "Questi film americani..", pensò. Da un po' di tempo la televisione di Fidel si era convertita a spettacoli una volta proibiti. Voleva dare un segnale di cambiamento. Far capire che qualcosa si stava muovendo. In realtà riusciva soltanto a confondere le idee alla povera gente. La mamma prese Janet in grembo e le disse: "A Cuba non passa mai Babbo Natale piccola mia." "Ma perché mamma?", domandò delusa la bambina. "Perché Babbo Natale viene dal freddo e si muove con slitte trainate da renne. I suoi animali sono abituati al rigido inverno dell'Europa e degli Stati Uniti. Deve attraversare tempeste di neve e tormente di vento glaciale. Da noi non potrebbe resistere neppure un minuto". "Ma a me piacerebbe vederlo. Avrei tante cose da chiedere in dono". "Non si può, bambina mia. Non si può. Siamo fuori dalle rotte di Babbo Natale. Noi abbiamo già tanto. Tu pensa a quei poveri bambini europei chiusi nelle loro case d'inverno, mentre tu giochi libera nei campi. Tu vai al mare a tuffarti in ogni stagione e loro chiusi al caldo delle loro case a ripararsi da tempeste di neve. Nella vita non si può avere tutto". La mamma era stata convincente Janet pensò che quei bambini erano veramente sfortunati. Facevano una vita da reclusi e non conoscevano la gioia di una corsa libera all'aperto se non in brevi periodi dell'anno. Molti di loro non avevano mai visto una vera spiaggia. Era giusto che almeno avessero la soddisfazione di un Babbo Natale che soddisfaceva tutti i loro desideri per un giorno all'anno. "Io quello che voglio posso farlo sempre", pensò Janet. Tra non molto sarebbe stato l'ultimo giorno dell'anno e avrebbero fatto festa. Il Natale non era importante. Sarebbe passato come sempre inosservato se non fosse stato per quel film americano. Avrebbe atteso la festa del maiale squartato sul campo e la parata militare sul Malecòn imbandierato a festa. Il primo giorno dell'anno, come a tutte le altre bambine del Circolo Infantile, le avrebbero dato una bella bandierina tricolore per andare a sventolarla sul lungomare. Era una cosa che non capiva, ma rientrava nella festa, nella normalità delle cose da fare. Probabilmente avrebbe ancora pensato a quel vecchio dalla barba bianca che portava regali ai bambini, invece di ascoltare le parole noiosissime di un altro vecchio dalla barba nera, che indossava una divisa militare di colore verde.

Tratto da: "Un poetico Natale - Racconti e poesie di Natale"

Approposito a Natale nella mia casa c'è posto, basta saperlo per tempo. Hasta pronto

Maggy CASAMPARO Casa Particular - Cienfuegos - CUBA - http://digilander.iol.it/magile70/


Aggiornato il: 10 dicembre 2011